non voglio mica lluna

Laboratorio teatrale donne

Quando una donna si può rappresentare, 

io canto la musica migliore che ho nel cuore.

A.M.

Il laboratorio nasce nel 2008 da un’idea di Fulvia Lionetti, attrice e regista, che ha deciso di concentrare la propria ricerca artistica attribuendo alla rappresentazione teatrale il valore di “quel luogo” in cui manifestare il proprio corpo politico di donna contemporanea: palcoscenico di una manifestazione necessaria. 

Il laboratorio si è svolto e si sta svolgendo a Imola, Castel San Pietro Terme, Medicina, Bologna.
Non voglio mica la luna è un laboratorio di ricerca in cui i riferimenti bibliografici ed iconografici appartengono a quel genere che volontariamente viene discriminato: Louise Bourgeois, Paola Masino, Mariangela Gualtieri, Marguerite Yourcenar, Ingeborg Bachmann, Gioconda Belli, Alda Merini, Michela Murgia, Olympe de Gouges, Frida Kahlo, Wislava Szymborska, Goliarda Sapienza, Margaret Atwood.. È dunque fondamentale la fonte di riferimento che mette in moto un processo culturale ad ‘alto quoziente di libertà’. Nel laboratorio, la ricerca si rigenera e si dilata continuamente sfuggendo a categorie produttive. L’attenzione è concentrata sull’attrice stessa che, attraverso il teatro diventa soggetto d’indagine. Il laboratorio è uno spazio vivo, o meglio, una casa dove poter stare, tornare, lavorare, allestire e incontrare; un luogo dove realizzare visioni, immaginare prospettive e costruire relazioni concrete, affaticate, abitate e mai trascurate.
Il lavoro dell’attrice è prima di tutto e più di tutto un lavoro su se stesse.

La pratica di Non voglio mica la luna ha come intento principale quello di avvicinare le donne, attraverso il linguaggio teatrale e il processo creativo che regge una messa in scena, a una ricerca il più possibile originale e partecipata di se stesse e della memoria condivisa, attribuendo importanza alla propria vocazione teatrale come strumento di rappresentazione diversa rispetto ai modelli imperanti. Non voglio mica la luna vuole quindi valorizzare un pensiero differente, coniugando teoria e prassi, rimettendo a fuoco la questione dell’auto-rappresentazione dell’immaginario femminile.
Non vogliamo piacere ad ogni costo, bensì raccontare una storia che possa sollevare significati per poter pensare prospettive diverse: costruire sorellanza ed il teatro in questo processo è essenziale. Vogliamo incontrare il contesto della vita e, attraverso la scena, renderla inattesa. La ricerca vuole produrre uno spettacolo che coinvolge in scena tutte le partecipanti, Il lavoro privilegia la relazione corale. Lo spettacolo è quella situazione in cui il lavoro privato diventa politico; le potenzialità dell’essere viste, guardate, ascoltate, pensate e ricordate sono inesauribili.